La deontologia forense

Le fonti della deontologia

 

La legge 247/2012 all'art. 2 - Disciplina della professione di Avvocato stabilisce che l'Avvocato nell'esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle regole deontologiche.

L'art. 3 - Doveri e deontologia dispone:
- che l'esercizio dell'attività di Avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale;
- che l'Avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti;
- che la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza;
- che l'Avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel Codice Deontologico, emanato dal Consiglio Nazionale Forense (CNF), che stabilisce le norme di comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri Avvocati e con altri professionisti ed individua espressamente tra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare;
- che le nome del Codice Deontologico, per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall'osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile;
- che il Codice Deontologico entra in vigore decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ed i suoi aggiornamenti sono pubblicati e resi accessibili a chiunque secondo disposizioni stabilite con decreto del Ministro della giustizia.
In attuazione di quanto così disposto il CNF nella seduta amministrativa del 31 gennaio 2014 ha approvato il Codice Deontologico Forense, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 241 del 16 ottobre 2014, in vigore dal 16 dicembre 2014.
Con il D.M. 11 marzo 2015, n. 38 sono state dettate le disposizioni relative alle forme di pubblicità del Codice Deontologico e dei suoi aggiornamenti emanati dal CNF.

Poichè l'esercizio della professione forense è consentito anche in forma societaria (a società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società, essendo comunque vietata la partecipazione societaria tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona), l'art. 4, comma 6, prevede che tali società sono in ogni caso tenute al rispetto del Codice Deontologico Forense e sono soggette alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza.

Tra le norme del Titolo III che disciplinano l'Ordine Forense - costituito dagli iscritti negli Albi degli Avvocati e che si articola negli Ordini circondariali e nel CNF - è precisato che questi ultimi sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei principi previsti dalla stessa legge e delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all'esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale (art. 24, comma 3).
 
In particolare il Consiglio dell'Ordine è chiamato a vigilare sulla condotta degli iscritti ed a trasmettere al Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) gli atti relativi ad ogni violazione di norme deontologiche di cui sia venuto a conoscenza e provvede ad eleggere i componenti del CDD in conformità alle relative norme (art. 29, lett. f).

Il CNF a sua volta emana ed aggiorna periodicamente il Codice Deontologico, curandone la pubblicazione e la diffusione in modo da favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i Consigli dell'Ordine circondariali (art. 35, lett. d).

Tra i contenuti e modalità di svolgimento del tirocinio professionale, che consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante avvocato finalizzato a fargli conseguire le capacità necessarie per l'esercizio della professione di avvocato e per la gestione di uno studio legale, è anche previsto che il tirocinio è altresì finalizzato a far apprendere e rispettare i principi etici e le regole deontologiche (art. 41).
I praticanti sono tenuti ad osservare gli stessi doveri e norme deontologiche degli Avvocati e sono soggetti al potere disciplinare del Consiglio dell'Ordine (art. 42).

Le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta dettati dalla legge o dalla deontologia sono sottoposte al giudizio dei Consigli Distrettuali di Disciplina ai quali il Consiglio dell'Ordine trasmette gli esposti che gli pervengono o le notizie di illecito disciplinare comunque acquisite, dandone notizia all'iscritto ed invitandolo a presentare sue deduzioni entro il termine di venti giorni (art.li 50 e 51).
L'autorità giudiziaria è tenuta a dare immediata notizia allo stesso Consiglio dell'Ordine competente quando nei confronti di un iscritto: a) è esercitata l'azione penale; b) è disposta l'applicazione di misure cautelari o di sicurezza; c) sono effettuati perquisizioni o sequestri; d) sono emesse sentenze che definiscono il grado di giudizio (art. 51).

Anche la deontologia forense è compresa tra le materie della prova orale dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di Avvocato (art. 46).

 


Il quadro normativo emerso dalla legge 247/2012 ha rappresentato una novità sul piano delle fonti del diritto: per la prima volta le regole deontologiche emanate dallo stesso Ordine Forense sono state elevate a rango di disposizioni riconosciute a livello normativo.
La vecchia legge professionale risalente al R.D.L.  27.11.33, n. 1578 non prevedeva le norme deontologiche ma solo i canoni ai quali l’Avvocato doveva attenersi disponendo che «gli avvocati debbono adempiere al loro ministero con dignità e con decoro, come si conviene all’altezza della funzione che sono chiamati ad esercitare nell’amministrazione della giustizia» e prevedendo che l’avvocato potesse essere sottoposto a procedimento disciplinare nel caso di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o, comunque, di commissione di fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale.
Solo talune, settoriali, disposizioni di legge individuavano alcuni doveri del difensore, come ad esempio l’art. 105 cpp che tuttora prevede che l’autorità giudiziaria debba riferire al Consiglio dell’Ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio ed i casi di violazione, da parte del difensore, dei doveri di lealtà e probità.
Era così avvenuto che  per meglio definire le incertezze dei confini tra il lecito e l’illecito, nel 1997 il CNF aveva emanato il primo codice deontologico forense, che non aveva comunque forza di legge ed altro non era che un mero regolamento interno della categoria.
E tuttavia, per quanto le prestazioni dell’Avvocato si caratterizzino nell’esecuzione di un servizio che trova la sua regolamentazione nel contratto d’opera disciplinato dall’art. 2222 cc, lo stesso partecipa in modo essenziale ed ineliminabile alla formazione del giudizio ed alla giurisdizione esercitando il suo ministero nel processo penale, civile e amministrativo, di talché si tratta di attività che riguarda e tocca interessi generali dell’ordinamento giuridico, aventi anzi rilevanza e tutela costituzionale, che fuoriescono dall’ambito privatistico del rapporto con l’assistito.
La nuova legge professionale ha quindi opportunamente stabilito che il potere di autoregolamentazione dell’Ordine Forense svolge una funzione integrativa del precetto legislativo ed ha riconosciuto a livello normativo le norme deontologiche.

 


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